Agropoli 2019

Giorno: 19 Agosto 2019

Fortunato Cerlino

Dialoga con l’autore Enrico Ariemma, docente UNISA

Se vuoi vivere felice, Einaudi, 2018

«Sei sicuro che in casa tua, nel cassetto di un mobile dimenticato, non nascondi una bomba inesplosa?»

Nella testa di un ragazzino cresciuto in mezzo alla strada, fra inseguimenti sul Califfone e sparatorie in pieno giorno, ogni cosa può diventare magica. Anche i dieci scudetti del Napoli vinti in solitaria palleggiando nel cortile. Anche la lotta fra san Giorgio e il drago sul muro della chiesa.

Siamo a Pianura, periferia di Napoli, negli anni Ottanta. Chi ci abita lo chiama il Far West. Fortunato ha dieci anni, una fame incontenibile – di cibo, di storie e d’amore – e un’immaginazione sfrenata. In famiglia lo chiamano ‘o strologo, quello che sa le cose. Da grande vorrebbe fare il cantante neomelodico. Ma anche l’attore. Pure l’astronauta non sarebbe male. Oppure può raccogliere da terra la Smith & Wesson 357 Magnum di Patrizio, ‘o figlio dô Bulldog, e mettersi a sparare come tanti altri. Vive in due stanzecon i genitori, i tre fratelli e la nonna, arrivata all’improvviso dopo che un sasso enorme è precipitato sul tetto di casa sua – cosí dicono i grandi – minacciando di sfondarle il soffitto. Quello che pochi sanno è che Fortunato ha un sogno piú grande di lui, qualcosa che lo tiene sveglio la notte. Andare lontano, schizzare via. Perché la vita corre, e va acchiappata. Fortunato Cerlino ha scritto un romanzo unico, vivissimo, scintillante di intelligenza creativa. Ogni istante vissuto attraverso gli occhi di questo bambino un po’ magico è pura meraviglia.

Cristina Cassar Scalia

Dialoga con l’autrice Massimiliano Amato, giornalista

La logica della lampara, Einaudi, 2019

Il vice questore Giovanna Guarrasi, detta Vanina, e i comprimari della squadra mobile di Catania ritornano nel secondo capitolo della saga poliziesca di Cristina Cassar Scalia. Tutto inizia prima dell’alba, quando il giornalista Sante Tammaro e il pediatra Manfredi Monterreale notano dalla barca, mentre pescano lungo la costa, movimenti sospetti sugli scogli e due uomini che abbandonano una valigia.

Mentre la spiccata intuizione di Tammaro lo spinge a chiedere un sopralluogo, in questura arriva una telefonata anonima. Una voce femminile allarmata, segnala un probabile omicidio avvenuto al numero civico 158, una villetta che risulta affittata dal proprietario, un nome importante della città, ad una donna scomparsa.

Vanina, cinefila, ossessionata da un passato mai superato e siciliana fino al midollo, affronta il caso trascinando il lettore in una storia coinvolgente

Tommaso Labate

Dialoga con l’autore Antonio Corbisiero, giornalista

i Rassegnati, Rizzoli, 2018

«Trentanove è il numero simbolo di una generazione fallita o sull’orlo del fallimento. Una generazione fregata dai padri, che pure avevano consegnato l’illusione che a un’infanzia felice e a un’adolescenza bellamente turbolenta sarebbero seguiti anni di benessere, serenità, sollievo, pace. Una generazione che non genera figli, come impietosamente fotografato da tutte le rilevazioni statistiche. Trentanove è l’età media del Rassegnato.»Come siamo arrivati fin qui? Da dove ha origine quella che Mario Monti, da presidente del Consiglio, definì «generazione perduta»? Quali sono le responsabilità dei quarantenni di oggi e quali le colpe di una pessima visione politica e sociale nell’Italia degli ultimi cinquant’anni? Tommaso Labate, anagraficamente coinvolto in questa categoria vittima di un’inarrestabile parabola discendente, scava nel passato dei Rassegnàti per trovare la matrice della non-reazione, dell’inerzia, della sconfitta che segna il destino dei ventenni di vent’anni fa. Quelli a cui la dignità deve essere concessa per decreto.Dalle lotte (finte, sbagliate o troppo facili) degli anni Novanta a quelle individuali, quasi ombelicali di oggi, dalla crisi occupazionale a quella dei valori, I Rassegnàti è la cronaca precisa di un’occasione sprecata, di una partita persa all’ultimo rigore. Come quello di Baggio nella finale di USA 94, sparato alto sopra la traversa.

Andrea Maggi

Dialoga con l’autore Annamaria Petolicchio, docente UNISA

Guerra ai prof!, Feltrinelli, 2019

Le mirabolanti vicende di Leonardo, in un divertente confronto-scontro tra il mondo degli adulti e quello degli adolescenti, l’ipocrisia dell’uno e l’incoscienza dell’altro, in un’escalation di cattiveria e di follia.

Luca Di Bartolomei

Dialoga con l’autore Maria Concetta Di Giaimo, docente Liceo “A.Gatto” – Agropoli

Dritto al cuore, Baldini+Castoldi, 2019

« Dobbiamo capire perché tanti fra noi avvertano la necessità di armarsi per riaffermare la propria libertà assoluta; dobbiamo renderci conto che viviamo in una società ormai intrisa di inquietudine. E che questo concentrato di paure e ignoranza finirà per spingerci a sbranarci l’un l’altro.» Più armi uguale più sicurezza. Un’equazione trasformata in slogan, una convinzione che ha spinto il 40 per cento degli italiani ad affermare che si sentirebbe più sicuro con una pistola in casa. Più armi uguale più femminicidi. Ecco un’altra equazione, ma questo non è uno slogan, è la semplice constatazione di una tragica realtà. Una pistola è costruita per sparare, per ferire o uccidere. O anche per uccidersi. Luca Di Bartolomei, figlio di Agostino, famoso calciatore che venticinque anni fa si suicidò con una Smith & Wesson 38 acquistata credendo di proteggere la sua famiglia, in questo libro affronta con lucidità un tema che la cronaca ci ripropone ogni giorno. Unendo vicende e racconti personali a dati e studi comparati sull’argomento, in una narrazione calda e partecipata, ma anche inattaccabile ed essenziale, ci invita a riflettere. Rendere più permissiva la legge sulla legittima difesa rischia di alimentare una giustizia fai da te, favorendo la comparsa di tanti Rambo pronti a sparare alla prima occasione. E soprattutto nasconde la preoccupante perdita di fiducia dei cittadini nei confronti dello Stato quale garante e custode della nostra sicurezza. Luca Di Bartolomei dimostra in queste sue pagine come la realtà sia spesso molto diversa da come la percepiamo, anche sull’onda di quello che i media ci propongono. Dobbiamo invece capire le nostre vere paure e smascherare l’inganno che ci spinge a dare una risposta sbagliata a un problema reale.

Marco Minniti

Dialoga con l’autore Antonio Manzo, direttore de “La Città”

Sicurezza è libertà, Rizzoli, 2019

«La differenza tra la sinistra e il nazionalpopulismo consiste proprio in questo: la sinistra ascolta, mentre i populisti fanno finta di ascoltare, quando invece il loro unico obiettivo è di tenere incatenata la gente alle proprie paure.» Parte da questa convinzione la riflessione di Marco Minniti, ex ministro dell’Interno e da oltre vent’anni ai vertici degli apparati di sicurezza e di intelligence del nostro Paese. Anni fondamentali e difficilissimi, in cui si è trovato a gestire, in particolare nei sedici mesi al Viminale, eventi epocali di portata internazionale, come la forte ondata migratoria successiva alle primavere arabe, il consolidamento dello Stato islamico e la stagione dei feroci attacchi terroristici in territorio europeo, la crisi libica con le sue ancora attuali conseguenze. E poi, sul versante interno, l’emergenza sicurezza nelle grandi città, la lotta alla criminalità organizzata, il caso emblematico di Ostia e di altri comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Non è possibile garantire la sicurezza rinunciando alla libertà: barattare la seconda in cambio della prima significa innalzare pericolose barriere, dimenticando che la connessione del mondo è ormai irrefrenabile. L’idea del confine come separazione dagli altri crea società chiuse. Sull’onda dei nazionalpopulismi, l’unità europea, che ci ha garantito settant’anni di pace, è a rischio di estinzione. E questo potrebbe essere l’inizio di molti drammatici danni. Un salto nel buio che non ci possiamo permettere.